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Antonino Nacci, pittore e scultore, nasce a Monreale nel 1938. Giovanissimo si trasferisce a Sciacca per insegnare presso l'Istituto Statale d'Arte e per un breve periodo, negli anni 70, vive a Biella dove frequenta i circoli culturali del luogo esponendo nella galleria Tritone di un giovanissimo Omar Ronda. Importante è il rapporto con il critico Albano Rossi che lo accompagnerà per tutta la sua vita artistica. Altra figura importante è la gallerista Fiamma Vigo che nutriva grande stima per l'opera artistica del Maestro, permettendogli cosi di esporre nelle sue gallerie di Firenze, Venezia e Roma.

Antonino Nacci può essere considerato uno dei pionieri, nonché massimi esponenti dell'arte povera e dell'arte astratta in Sicilia, tanto da essere annoverato tra i partecipanti di "Astrazione Siciliana 1945/1968 a cura di Marco Meneguzzo con maestri del calibro di Accardi, Consagra, Sanfilippo, Scarpitta. Grande sperimentatore, nella produzione artistica di Nacci non vi è un decennio che possa essere paragonato al precedente; un'esplosione di creatività che avrà il suo più alto culmine nelle opere degli anni '80.

 

"L'Arte Povera"

Negli anni '50 e '60 i protagonisti di questa spasmodica ricerca sono i materiali più poveri: sacchi di tela juta, ceramica, fil di ferro, carta, filo, colore che Nacci impagina in composizioni plastiche.

 

" Collage"

La sperimentazione prosegue e con essa la ricerca di un linguaggio che sia "altro". Siamo negli '60 e Nacci aderisce alla corrente delle astrazioni che si fanno "geometriche; ancora ritagli di juta, ma questa volta la materia viene lavorata in "collages".

 

"Le Ideologie"

II Maestro, ancora in quegli anni, non sfugge agli avvenimenti che caratterizzano il periodo storico in questione, ma bensi la sua arte diventa "grido di protesta" nei confronti delle ingiustizie del mondo, è il '68 e la sua pittura si fa ideologica. Protagonista di questa stagione artistica sono ancora i "collages", ma questa volta fatti con i ritagli di giornali che raccontano di un mondo che sta cambiando e di un mondo che non vuole cambiare, è la stagione dei movimenti studenteschi, della grande rivoluzione culturale e della guerra nel Vietnam.

 

"Le Sabbie"

Gli anni '70 si aprono con una nuova produzione artistica/concettuale. È l'inizio di un nuovo racconto che porterà a considerare Antonino Nacci come il pittore della "sabbia". Sabbia che il Maestro raccoglie dalle spiagge di Sciacca, amalgama con colla vinilica, stende con decise spatolate sulla tela ed infine, ancora fresca, incide, dando vita al suo mondo onirico. La materia sporge dalla tela, disorientando l'osservatore che non può non toccare, difatti i quadri di Nacci vanno toccati, la comprensione passa attraverso un'esperienza sensoriale forte come il tatto. Dapprima le incisioni sono segni rupestri su un manto di sabbia monocromo, poi il racconto si fa più emozionante, la "sabbia" si anima di ambientazioni e

figure fiabesche coloratissime frutto di un cambio netto della sua tavolozza. Un mondo a noi conosciuto, un mondo, si ermetico, ma che trasmette serenità e pace, un mondo ideale a cui tendere ed aspirare. Infine, l'ultima produzione è controversa, la pace sembra persa, la tavolozza diventa nero e rosso intenso e il mondo fiabesco scompare per fare posto ad una nuova stagione geometrica più sofferta, ma non meno intensa ed affascinante.

 

Il racconto ahimè volge al termine, ci rimane da porci una sola domanda, che purtroppo non troverà risposta, chissà cosa sarebbe stato dopo?

Antonino Nacci muore a Sciacca nel luglio del 1989 aveva cinquant'anni. A coronamento di questo percorso artistico nel 2012 è stata allestita una grande mostra Antologica curata da Nicolò D'Alessandro "Antologia di opere dal 1962 al 1989" tenutasi a Palermo nella splendida cornice di Palazzo Sant'Elia Le opere di Antonino Nacci sono presenti in molte collezioni pubbliche e private.

Di particolare pregio è la presenza al MAC "Museo D'Arte Contemporaneo Ludovico Corrao' di Gibellina; a Villa Cattolica 'Museo Guttuso" di Bagheria;  alla Galleria d'Arte Civica "Giuseppe Sciortino di Monreale, al "Museum' di Bagheria e alla "Fondazione Gianbecchina" di Sambuca di Sicilia.

www.antoninonacci.com

Andrea Nacci

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​Ricordando mio marito

 

L'ho conosciuto da ragazzo. Estroverso, talentuoso, amorevole, ma dai suoi occhi emergeva la sofferenza vissuta per la separazione dei suoi genitori. Erano gli anni sessanta. In quel periodo il senso di "vergogna"e l'esclusione sociale lo tormentavano. Gli sono stata particolarmente vicina, l'ho compreso, stimato ed amato. La sua situazione familiare conflittuale lo ha portato a sognare prima e realizzare dopo una famiglia basata sull'amore e la fiducia. Abbiamo avuto quattro figli: Laurenzia, Albano, Patrizia e Andrea. Li ha amati e protetti, ha sempre vigilato su di loro e su di me, con immenso amore, con grande rispetto e riconoscenza.Ha trasmesso ai suoi figli i profondi valori dell'amore per il prossimo   e della legalità.

 

Politicamente e culturalmente uomo di sinistra ma, spirito libero, non è stato mai iscritto ad un partito politico. Amava, però, parlare con i figli di politica, dei cambiamenti culturali e del movimento del '68, aiutandoli a riflettere e a sviluppare un pensiero critico.

Mi piace ricordare un significativo episodio. Durante un esame universitario il professore chiese a mia figlia Laurenzia di parlare del movimento del '68. Il tema era sconosciuto agli altri studenti del corso, poichè fuori programma. Laurenzia parlò dell'argomento in modo così approfondito che il professore rimase stupito e le chiese come mai sapesse tutto ciò. Mia figlia rispose che il suo papà gliene aveva parlato tanto. Il professore le diede il voto di 30 e lode con l'impegno di portare la lode al padre.

 

Nino amava cucinare, vivere all'aria aperta e coltivare la terra, come i famosi "scarafaggi". Altra passione di Antonio era la pesca, amava il mare in tutti i suoi aspetti: il rumore, la sabbia, la brezza marina. Ricordo un giorno quando, seduti sulla sabbia ad osservare il mare, ebbe un sussulto. Alzandosi di scatto mi disse che avrebbe donato al mare l'intero pannello che aveva da poco realizzato. Preoccupata, rintracciai un suo caro amico, il dott. Cucchiara, e riuscimmo a dissuaderlo dal compiere questo gesto bizzarro. Spesso lui mi parlava dei suoi quadri, delle emozioni che viveva nel dipingere. Quando dipinse il pannello, dedicato a nostra figlia Patrizia, mi disse che voleva raccontarle una favola che fosse all'infinito, senza fine. Molto stimato sia dai colleghi che dagli alunni ha insegnato disegno geometrico presso l'Istituto d'Arte di Sciacca. Ha sempre coniugato nel rapporto con gli alunni, il rigore scolastico con la prossimità affettiva, aiutandoli nei momenti più difficili della loro crescita. Si faceva chiamare "Nino" solo da alcuni alunni, i più meritevoli e rispettosi, non da tutti.

 

I primi anni ottanta sono stati molto importanti per la sua carriera artistica. In questo periodo non si limitò a dipingere quadri, ma diffuse l'arte dentro le case attraverso i murales. 
Realizzò addirittura controsoffitti, porte, tende, scale. Creò un grande pannello di otto metri che, serpeggiando, attraversava le varie stanze del Club Koala sport di palermo. Ma proprio alla fine di questo radioso e fruttuoso decennio arrivò la notizia della malattia. Un colpo duro e difficile da incassare, ma che non lo fermò nella sua creazione artistica. Ogni giorno si recava allo studio per dipingere, ed io, spesso lo accompagnavo per sostenerlo e aiutarlo ad asciugare la sabbia nei quadri.

Durante il periodo della malattia aggiunse altri colori alla sua tavolozza: il nero, il verde e il rosso per significare la tristezza, la speranza e la vita. Variava la tonalità del rosso a seconda dello stato d'animo e della sofferenza. L'ultimo quadro che ha dipinto lo ha dedicato a me e i colori narrano il nostro amore, la vita di coppia e l'amore per i figli. Nel dipingere questa sua ultima opera ha cercato di soffocare il dolore, l'ansia del momento per tornare al passato e ricordare la nostra vita insieme. Quel quadro racconta la vita vissuta in famiglia, i colori, radiosi, parlano d'amore.

 

Gli ultimi giorni li trascorse a letto, affrontando la malattia con dignità e fede. Volle ricevere l'ultimo sacramento coscientemente. Convocò gli amici per l'ultimo saluto. Ringraziò Dio per tutti i doni ricevuti nella sua vita ma soprattutto per il dono della pittura. E ripensando a questi ultimi momenti comprendo che, pur non essendo praticante, credeva in Dio e aveva fede soprattutto in una forza soprannaturale, quella divina.

Enza Sciortino

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Era il linguaggio delle sue opere a parlare per lui

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Diciotto anni. Questa la differenza di età tra me e Nino, mio fratello. Non sono molti ma è una generazione. All'inizio della sua formazione artistica avevo poco più di sei anni e quindi non ho vissuto imomenti degli affascinanti fermenti culturali e politici, quel clima pieno di desiderio di cambiamento e slancio creativo che sperimentò Nino a quell'epocae che ne determinò non solo il pensiero di uomo e di artista ma anche il pensiero politico. Lo ricordo come un uomo di poche parole e piccoli gesti per dimostrare il suo affetto, del poco apparire e dell'alto senso di eguaglianza sociale.Non amava la vita mondana anzi fuggiva da essa per rifugiarsi, quando non dipingeva, nei suoi hobby preferiti: la pesca e la cucina. Per contribuire alla ricostruzione del suo percorso di vita mi affido a frammenti di ricordi, pochi (Nino lasciò presto la famiglia per trasferirsi a Sciacca dove aveva avuto l'incarico di insegnante) ma fondamentali per la mia formazione.

 

Sono ricordi del periodo monrealese. È nella casa di Monreale che Nino inizia le sue ricerche formali. Nascono le composizioni di collages fatte di sacchi e fil di ferro e mentre la casa si impregnava di un forte odore di "sacchi bruciati" io giocavo con i colori, avendo in lui il primo maestro che mi assecondava e incoraggiava. Decisi presto che avrei fatto la stessa sua scuola. Già allora ricordo al suo fianco una ragazza, Enza, con la quale ha condiviso tutta la vita e ostruito la famiglia, valore imprescindibile nella sua esistenza. Un'esistenza nella quale ha mescolato colori e materiali per la sua arte, passione per il calcio da ragazzo, a Monreale, e poi per il mare e la pesca a Sciacca. L'ambiente di Sciacca lo veste a pennello, cittadina di mare dai ritmi lenti, gente semplice con la quale condivideva le notti passate sui pescherecci, al largo della costa. È alla Foggia, borgata di pescatori, che ho il ricordo più bello di una vacanza passata con lui, insieme ai suoi amici più intimi, impegnato nei preparativi di gustosissimi piatti a base di pesce. All'imbrunire si allontanava con il suo sediolino e la canna da pesca per posizionarsi in cima ad uno scoglio.

 

Uomo introverso e riservato, in cerca di una sicurezza affettiva che probabilmente non aveva trovato da bambino nelle presenze domestiche, cresciuto con un vuoto che lo abituò a lunghi e meditativi silenzi. Infatti, come già ricordato, più che la vita mondana lo attraeva l'assorta contemplazione del mare che lo affascinava fino al punto di concepire l'idea di consegnare ad esso le sue opere. Nelle occasioni di vita sociale legate agli eventi delle sue mostre, non nascondeva il suo imbarazzo; timidi sorrisi, semplici ringraziamenti come a volersi tenere da parte. Era il linguaggio delle sue opere a parlare per lui.

 

Enza, compagna prima che moglie, colei che oggi è in grado di decifrare le sue opere, custode della sua arte e della famiglia che ha mantenuto unita e salda nei valori e nell'integrità morale, rappresentò tutto nella vita di Nino. Si è presa cura di lui fino alla fine, aiutandolo nella preparazione e nella stesura delle basi dei quadri, non solo quindi una vita coniugale ma un'unione di anime. Un vissuto trascorso, anche nei giorni della sofferenza, nella dignità di un continuo lavoro, dove rivedo, nei colori scuri da lui adoperati, la paura e la sofferenza che leggevo nei suoi occhi durante la malattia che prematuramente lo colpì. Paura che riuscì a soffocare e vincere nell'ultima opera dedicata alla famiglia dove riesplode il colore, forse in segno di speranza. L'ultimo saluto è stato commovente. Amici, ammiratori, artisti, gente comune che lo conosceva, vecchi e giovani allievi si affollarono dentro e fuori la chiesa per rendergli omaggio. Prima di andare lui chiese "un grande pensiero sulla mia tomba".

 

Il tempo della mostra è come una sospensione del presente, un' altalena della memoria tra ricordi del passato. Un'altalena dove i nostri ritmi frenetici spesso non ci permettono di salire. Io ci sono salita per scrivere quel grande pensiero che Nino desiderava e con me sono saliti tutti quelli che hanno voluto questa mostra, primo fra tutti l'amico Nicolò.

Mariella Nacci

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Antonino Nacci un artista con la passione per lo sport

Scomparso prematuramente all’età di cinquant’anni è stato un grande artista 

 

Una vecchia foto ingiallita dal tempo, appesa al muro di quello che un tempo era il ritrovo di tanti amanti del cibo di strada, in via Soldano, ritrae un gruppo di giocatori in posa per la consueta foto di squadra prima del fischio d’inizio partita, incuriosito mi avvicino e chiedo chi fossero i giocatori.

Il signor Scebba mi elenca alcuni giocatori di quell’epoca e tra i nomi indica il giovane monrealese Antonino Nacci (Monreale 1938 – Sciacca 1989), l’artista che ho sempre ammirato, di cui ho apprezzato le opere donate dai familiari ed esposte alla Civica Galleria “Giuseppe Sciortino” a Monreale. Antonino Nacci è stato un artista dalla ricerca rigorosa e meditata, una presenza discreta e poco indagata nel sistema dell’arte. Monrealese di nascita si stabilisce a Sciacca dove ha svolto l’attività di docenza e di artista.

 

Un pomeriggio di primavera incontro l’amico Franco Panella, artista di raffinato talento ed estimatore delle opere di Nacci, racconto dell’episodio del “ritrovamento” delle foto e della mia curiosità di conoscere la storia calcistica, di un giovane monrealese che lasciata la sua città natale per trasferirsi a Sciacca e intraprendere l’attività di docente, raggiunse eccelsi traguardi in ambito artistico.

Franco mi fornisce i contatti dei familiari e mi incoraggia a scrivere un amarcord sul noto artista nostro concittadino, di cui andare fieri, cosa molto apprezzata sia dal figlio Andrea, sia dalla moglie Enza, persone dotate di grande disponibilità e gentilezza.

 

Scrivere di Antonino Nacci è sempre emozionante, l’artista scomparso prematuramente all’età di 50 anni, oltre a essere un grande artista è stato un bravo sportivo, giocatore di calcio e amante del mare e della pesca, sua passione insieme alla cucina.Lo sanno bene coloro che l’hanno conosciuto e ammirato, tra questi un testimone d’eccezione: Sergio Mammina che ne traccia un profilo molto particolare, assistendo a una partita di calcio alla Ranteria.

“Alla fine degli anni ‘60, a Monreale, chi praticava il calcio doveva farlo sul pericolosissimo campo della Ranteria (oggi ex campi da tennis) adagiato sul precipizio. In quel luogo Antonino Nacci coltivava la sua seconda passione: quella per il pallone. Ho assistito (con disinteresse per l’aspetto agonistico) a una partita nella quale Antonino, indossando una divisa giallo-rossa e con il bell’aspetto da credibile oriundo brasiliano, correva, zigzagando con i suoi compagni in verso opposto a quello di altre divise, sulle quali prevaleva il verde.

Mi divertivo (quasi da spettatore neo-futurista) a immaginare le forme che quei colori in corsa disegnavano e percepivo quelle “disegnate” da Tonino come le più belle, probabilmente perché ne conoscevo il talento d’artista”. Talento d’artista, una categoria di giudizio, che ben si presta per definire il nostro Tonino, come affettuosamente lo chiamava l’amico Sergio Mammina. Di Nacci artista si sono occupati, numerosi critici d’arte, oltre allo stesso Sergio Mammina, e le sue opere sono visibili sul sito curato amorevolmente dal figlio Andrea e al MAC - Museo d’Arte Contemporanea  “Ludovico Corrao” - di Gibellina in provincia di Trapani recentemente inaugurato; né questo ricordo ha l’intenzione di aggiungere nulla a quanto scritto da eminenti e qualificati critici e studiosi, vuole semmai rendere omaggio a un giovane monrealese che si è distinto tra i tanti giocatori di calcio di un’epoca ormai lontana, di un calcio d’altri tempi.

 

Nacci ha praticato diverse discipline, dal pugilato in forma amatoriale alla pesca, ma il calcio è sicuramente lo sport che più ha amato.

Di questa sua passione giovanile, ne parla il suo amico di sempre Salvino Fedele, per tanti il maestro Fedele, noto allenatore di tante generazioni di monrealesi e non solo - da me incontrato su indicazione della signora Enza Sciortino moglie del nostro Antonino Nacci - che insieme a Nacci e ad altri monrealesi quali Antonino Scebba e Salvino Cimino, per citarne alcuni difendeva da portiere le maglie di alcune importanti squadre, quali Tommaso Natale e Carini.

Il maestro Fedele è una persona affabile e stimata da tutti, in meno di un’ora non si contano i tanti saluti ricevuti, davanti a un caffè e le antiche mura del monumento normanno mi ha raccontato tantissimi momenti trascorsi con il suo amico Antonino.

Comincia dicendo che con Nacci ha condiviso momenti di vita indimenticabili, tra 1955 e il 1964 circa si svolse la loro carriera calcistica; iniziarono a giocare a Monreale impegnati in tornei liberi, mettendosi subito in evidenza per agonismo e tecnica di gioco, successivamente si ritrovarono al Centro Sportivo di Palermo per disputare tornei federali più prestigiosi, trampolino di lancio verso le rinomate squadre del Tommaso Natale e Carini, che non si fecero scappare l’occasione di averli tra le loro fila, pagando bene i giovani talentuosi monrealesi Nacci e Fedele, rispettivamente attaccante e portiere.

 

Il maestro Fedele tralascia per un momento il racconto dell’attività calcistica e mi indica il luogo d’abitazione di Nacci, ovvero l’angolo tra piazza Vittorio Emanuele e la salita San Cristofaro - dove un tempo si trovava un ufficio dell’esattoria - prima di trasferirsi alla Carrubella.

Con un pizzico di orgoglio mi racconta, che Nacci gli mostrò alcune opere e volle essere aiutato a “sistemare” alcuni sacchi di iuta, che come è risaputo utilizzava nelle sue opere d’arte, particolare che destò una certa meraviglia, visibilmente colta dal suo modo di raccontare.

E qui si lascia trasportare dal ricordo dell’uomo, descrivendo la sua personalità solare e aperta, un amico leale e stimato che aveva buoni rapporti con tutti.

Aggiungendo che amava la buona cucina ed era solito gustare un buon gelato e biscotti, con i proventi del gioco del calcio era usuale vestirsi da Inzerillo a Palermo. 

Trasferitosi a Sciacca per svolgere l’attività di docente giocò nella locale squadra di calcio ed ebbe modo di appassionarsi alla pesca, altra sua passione.

Dunque, le strade si dividono, Salvino Fedele dopo aver giocato nella squadra del Partinico inizia la sua attività di allenatore, Nacci prosegue la sua attività di artista raggiungendo vette eccelse, di marito e padre amorevole, lasciando presto la vita terrena, incidendo nei cuori di chi lo ha conosciuto, segni e tracce di un grande uomo e artista, le stesse tracce, gli stessi segni impressi con passione e amore nella sabbia, nelle superfici di iuta delle sue opere.

Benedetto Rossi – MonrealeNews.it, 5 settembre 2021

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Ninu picchi t’innisti

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Nun ti bastava cchiù

l’amuri di li piscatura Sciacchitani,

nun ti bastava cchiù

incantari la genti cu la to arti misteriusa

un ti bastava cchiù

inchiri lu cori di li genti scunsulati

cu lu surrisu di frati addisiatu.

Ricordu ‘na nuttata ‘nsemmula a piscari

tra li scogghi e la rina caura

di la notti bianca d’Eraclea Minoa,

Quannu lu to cori s’apria

pi li figghi chi criscianu,

pi Enza amurusa,

pi li picciotti di la scola

chi la sira t’abbrazzavanu a lu chianu.

Ricordu tutti li matini’na pitrata

pi ghiapiri la finestra di lu cori

a nova jurnata d’amuri.

Ah Ninuzzu!

Picchì t’innisti e mi lassasti sulu!

Ah!

S'iu putissi tirari

                     ancora nà pitrata                        

 

Mario Giammona 

“Isola Incantata”.

Poesie, Firenze, luglio 1991

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L'arte contemporanea del Prof. Nino Nacci 

è l'amore che l'uomo calpesta,

Nino lo fa rivivere lo presenta al mondo

che è intento di ravvedersi

 

Angela Rally e Giovanni

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Antonino Nacci

Antonino Nacci

anni 60

Antonino Nacci

Antonino Nacci

squarci anni 60

Antonino Nacci

Antonino Nacci

Sciacca Istituto d'Arte anni 60

Antonino Nacci

Antonino Nacci

Sciacca Istituto d'Arte anni 70

Antonino Nacci

Antonino Nacci

installazione anni 70

Antonino Nacci

Antonino Nacci

scultura anni 70

Antonino Nacci

Antonino Nacci

pannello al Koala Sporting Club, Palermo

Antonino Nacci

Antonino Nacci

giovane studente

Enza

Enza

anni 60

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